Dura la prova della incapacità naturale del testatore
– Sentenza n.539, 14/03/2024 –
L’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula l’esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del de cuius, bensì la prova che, a causa di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto fosse privo in modo assoluto, al momento della redazione del testamento, della capacità di autodeterminarsi. L’onere della prova del fatto che il testamento è stato redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere incombe sulla parte che lo invoca. Al contrario, l’incapacità di intendere e di volere si presume nel caso in cui si sia in presenza di un’infermità tipica, permanente ed abituale. In questo caso la prova che il testamento sia stato redatto in un momento di lucido intervallo spetta a chi vuol far valere la validità del testamento.
Corte d’Appello di Bologna, Sez. 1, Sentenza 14/03/2024 n. 539
Il parere dell’Esperto
La sentenza citata delinea e conferma l’orientamento prevalente in giurisprudenza per cui deve essere provata in maniera precisa e puntuale l’incapacità di intendere e di volere del de cuius nel momento stesso in cui ha redatto il proprio testamento. Unica eccezione si ha quando ci si trova difronte ad una infermità permanente, abituale e documentata, che comporti uno stato di incapacità di intendere e di volere del soggetto.
In questo caso, infatti, una volta dimostrata l’infermità permanente ed abituale, spetterà a chi vuole affermare la validità del testamento provare che quando quest’ultimo è stato redatto il testatore era capace di intendere e di volere.